Lo Yoga è una disciplina di origine indiana che si occupa di offrire un percorso di affrancamento dalle sofferenze esistenziali attraverso una graduale attenuazione delle ‘turbolenze’ mentali.
Il metodo seguito dallo Yoga ha un approccio psicofisico. Nel riconoscere che il corpo, la mente ed i sensi sono soggetti a cambiamenti continui, e che questi cambiamenti possono causare sofferenza, lo Yoga lavora verso la presa di coscienza e la conseguente visione lucida di quanto ci accade, rendendoci più distaccati quando i cambiamenti non dipendono da noi e più critici anche verso noi stessi quando i cambiamenti hanno un’origine interiore.
Al termine del percorso, la mente si acquieta e diviene chiara e trasparente come la superficie di un lago senza vento, permettendoci di ‘vedere le cose come stanno’ senza inganni e agitazione.
Dal punto di vista pratico, gli approcci al percorso dello Yoga sono molteplici.
Lo Yoga classico propone un percorso che include astensioni e prescrizioni a livello sociale e personale, si muove attraverso l’uso del corpo e del respiro come strumenti per raggiungere livelli interiori più profondi e sempre meno influenzati dagli stimoli esterni, conducendo verso la capacità di concentrarsi in maniera focalizzata e inintenzionata.
Noi conosciamo soprattutto quello che costituisce la fase intermedia dello Yoga classico, un metodo posturale dove il respiro ha un ruolo fondamentale.
L’Hatha Yoga costituisce infatti la base di molte scuole di Yoga contemporaneo, dove Āsana (le posture fisiche) e Prānāyāma (le pratiche respiratorie) diventano spesso rappresentativi di tutto il percorso dello Yoga.
I testi classici riconoscono che “dove va la mente va il respiro, e dove va il respiro va la mente”, quando un elemento è perturbato, l’effetto si rivela nell’altro elemento e viceversa, e riconoscono che il lavoro su corpo e respiro è propedeutico al percorso meditativo.
Per questo motivo una pratica di Yoga che si limiti a proporre solo posture fisiche e ignori il potenziale del respiro è limitata, ancora più limitata se non riconosce che il percorso deve andare oltre l’aspetto fisico ma procedere verso l’acquietamento del mentale.
Il grande maestro Tirumalai Krishnamacharya, riconoscendo però che gli esercizi di respirazione formali e protratti potevano risultare poco attraenti per molte persone, e ancora più ostica poteva risultare una seduta di meditazione, propose un metodo, conosciuto come vinyasa (un termine legato alla musica e all’arte) in cui il respiro e la concentrazione entrano a far parte immediata degli esercizi posturali.
Nel vinyasa, una sequenza di posizioni corporee viene eseguita associando lente inspirazioni ed espirazioni a specifici movimenti più o meno semplici.
Questo utilizzo di corpo e respiro porta invariabilmente alla necessità di prestare molta attenzione alla esecuzione dell’esercizio, e permette il raggiungimento di uno stato di elevata concentrazione, quasi meditativa.
Il figlio TKV Desikachar, seguendo gli insegnamenti del padre, ha inoltre posto molta enfasi sul fatto che ognuno di noi è diverso, e che quindi il punto di partenza nella pratica è diverso per ognuno di noi e la progressione nel metodo deve essere graduale.
Anche per questo motivo il metodo conosciuto come viniyoga (progressione, applicazione) dello Yoga propone l’esecuzione degli āsana senza grande uso di strumenti di sostegno come blocchi o cinghie o coperte ma tende a proporre invece modifiche delle posizioni, rendendole più accessibili, come potrebbe essere tenere le ginocchia leggermente flesse se non riusciamo a toccare la punta dei piedi piegandoci in avanti, ad esempio.
Nel tempo possiamo sviluppare maggiore flessibilità o forse no, ma l’attenzione posta al respiro, che è uno strumento rivelatore del nostro stato mentale, ed alla precisione nella esecuzione della sequenza in termini di numero di ripetizioni o numero di respiri in una determinata posizione, rimangono essenziali perchè sono un appoggio per la mente, che deve rimanere focalizzata ed attenta.
Il metodo di TKV Desikachar è solo apparentemente semplice, in realtà è molto raffinato e permette di toccare nell’esperienza della pratica tutti i tasselli dell’intero percorso dello Yoga.
Siamo invitati per esempio a non fare violenza su noi stessi, perchè ogni forma di sofferenza lascia un segno che può causare sofferenza futura.
Siamo invitati a mantenere alto il nostro livello di attenzione anche quando un esercizio può apparire noioso, perchè dall’ascolto della nostra mente scalpitante possiamo imparare a conoscerci meglio.
Siamo invitati a utilizzare al meglio e a sviluppare le nostre capacità respiratorie perchè con l’uso idoneo del respiro possiamo influenzare, attraverso il sistema nervoso autonomo, i nostri stati mentali.