Le Upanishad sono antichissimi testi indiani. Racchiudono l’essenza dei Veda in forma di poemi e storie su cui meditare. Attraverso la loro lettura e la meditazione su quanto esposto, ci aiutano a giungere alla consapevolezza che la nostra coscienza individuale altro non è che la coscienza dell’intero universo.
Una delle Upanishad classiche, la Taittirīya, che si pensa risalire al VI secolo aC, descrive un modello di cinque involucri, che assumendo la nostra forma avvolgono l’anima, che risiede, secondo queste antiche conoscenze, in una caverna in fondo al cuore.
Gli involucri sono come matrioske, e divengono sempre più sottili via via che si penetra negli strati più profondi.
Noi siamo, e contemporaneamente non siamo, questi involucri. Lo siamo in quanto gli involucri sono creazione della coscienza universale, non lo siamo perché la nostra vera essenza è, a ben vedere, pura coscienza.
Il primo involucro è fatto di cibo, dal cibo nasciamo, con il cibo viviamo, cibo diventiamo.
Il secondo involucro è fatto di respiro. Con il respiro nasciamo, con il respiro viviamo, ed è l’ultimo respiro che traiamo a terminare la nostra vita sulla terra.
Il terzo involucro è costituito dalla mente. La mente crea, nutre, ma può distruggere.
Il quarto involucro è la conoscenza intuitiva, che nasce dall’intelligenza discriminativa. Essa guida le nostre azioni corrette ed è rappresentata dallo yoga.
Il quinto involucro è quello della gioia pura, senza bramosia, resa stabile dalla consapevolezza di essere parte della coscienza universale. Questo involucro contiene anche altre emozioni, ma il percorso di consapevolezza fa sì che le emozioni che detraggono dalla gioia svaniscano, una volta raggiunta la realizzazione dello spazio infinito che conteniamo e al contempo siamo.
I cinque involucri sono interconnessi, e come sappiamo, non è possibile agire solo su un involucro in maniera completamente isolata. Ritroviamo già, in questi poemi, tutta la conoscenza psicosomatica attuale. Se proviamo imbarazzo arrossiamo, se muoviamo il corpo velocemente il respiro si affanna, se abbiamo pensieri negativi, è meno facile che le nostre azioni siano corrette. Viceversa una dieta leggera ma nutriente promuove pensieri sereni e un senso di gioia, il respiro fluido e profondo promuove la quiete mentale, lasciando spazio all’intuizione, per esempio.
Chi si avvicina allo yoga, spesso domanda all’insegnante a quale lezioni potrà partecipare. Ci sono corsi per principianti? Ci si può inserire in un corso avanzato, avendo già praticato altrove?
Ma se torniamo al modello dei cinque involucri, ci rendiamo immediatamente conto che potremmo essere perfettamente in grado di contorcerci come un elastico, ma la nostra mente potrebbe essere estremamente confusa. Potremmo avere una paralisi agli arti inferiori e aver raggiunto una serenità che guida pensieri, parole e azioni corrette.
Allora, cosa vuol dire principiante? Cosa vuol dire ‘praticante avanzato’? Siamo sicuri che i modelli a cui facciamo riferimento, spesso mutuati da riviste patinate che ci trasmettono immagini di corpi e poco altro, siano davvero utili al raggiungimento dello stato di quiete serena, di apertura di uno spazio infinito, silenzioso, trasparente e luminoso che è lo scopo ultimo della pratica dello Yoga?
E… le lezioni di yoga che seguiamo, ci aiutano a penetrare attraverso i diversi involucri, o si fermano all’involucro fatto di cibo?